La Milano Design Week è soprattutto un’occasione per incontrare i protagonisti del design. Quest’anno ho avuto l’occasione di intervistare alcuni tra loro.
Nel post di oggi vi presento la prima parte delle mie interviste Salone del Mobile 2016.
Sempre di più il mondo del design è legato a quello della comunicazione digitale. Due protagonisti del design e dell’architettura della 55esima edizione del Salone del Mobile 2016 raccontano la creatività e l’originalità dell’era 2.0.
Eccoci qui, due impazienti design blogger, armate di tutti gli strumenti necessari per un’intervista professionale a Karim Rashid: telefoni, macchine fotografiche, registratori, microfoni, e – immancabile anche dopo anni di lavoro – ansia da prestazione!
L’intervista ha luogo nello stand dell’azienda B-LINE, produttrice e custode dal 1999 di oggetti e arredi ispirati a design leggendari, oltre ad esse l’autrice di preziose collaborazioni con altrettanto famosi designer contemporanei, come Karim Rashid e Favaretto&Paterns.
Karim Rashid, classe 1960, è senza ombra di dubbio uno dei designer di fama internazionale più produttivi nel comparto del design industriale. Con circa 3.000 oggetti disegnati per molti marchi di eccellenza, è uno dei personaggi più eclettici dei nostri tempi.
In occasione del Salone del mobile 2016, con l’azienda B-Line presenta la seduta HOOP: una sedia minimal, dove il comfort della superficie in poliuretano, si unisce alle linee minimali, ma “sensuali” del profilo. E’ una sedia comoda, avvolgente, che ti mette subito a tuo agio; è perfetta per conversare attorno ad un tavolo, come abbiamo fatto io e Violetta con Karim Rashid, parlando di design e digital.
Design e digital: intervista a Karim Rashid.
Karim buongiorno, lavorando nel web, sono per forza di cose molto interessata all’aspetto legato al digital. Interattività ed experience sono parole sempre più frequenti quando si parla di digitale. Cosa vuole dire progettare un prodotto per la casa nell’era 2.0?
KARIM: “Prima di tutto penso che per il design sia inseparabile l’innovazione dalla tecnologia. Stiamo assistendo alla “dematerializzazione” del mondo fisico, perché l’esperienza digitale non ha materia. Possiamo quindi fare di più con meno – more with less – così da ridurre anche gli sprechi. Nel mondo fisico adesso abbiamo bisogno di ridurre.”
Recenti ricerche calcolano che mediamente une persona adulta trascorra 4 ore e mezza online al giorno di cui più di 2 sui socials. Nell’epoca della comunicazione sociale dei network come facebook, pinterest, instagram, quanto si sta contaminando online il suo pensiero creativo, e quanto ancora è frutto di riflessioni e di esperienze off-line?
KARIM: “Ti racconto questa esperienza: tempo fa ho disegnato un nuovo edificio a Soho – New York – e ho disegnato quattro possibili facciate per questo edificio. Ho postato queste quattro proposte in Facebook, per i miei fans (n.d.r. sono più di 600.000 persone) e loro mi hanno detto qual era la miglior proposta, quella scelta è stata costruita.
Quindi per me i social media sono un ottimo modo per confrontarmi con il pubblico. Posto diversi prodotti e prototipi in Facebook e poi domando alle persone: cosa ne pensate? In un certo senso possiamo dire che ingaggio il pubblico.
Il risultato finale del prodotto è del pubblico – It’s editing by pubblic – penso che questo sia stato il primo edificio di New York scelto dalle persone. Tutti sono rimasi scioccati da questa esperienza, soprattutto a New York, gli architetti sono rimasti sconvolti da questo metodo di definire il progetto. Io non sono un architetto, sono un industrial designer ma adesso, dopo questa esperienza, mi vengono richiesti sempre più spesso anche design urbani”.
L’intervista continua passando virtualmente il microfono alla collega Violetta. Karim ci racconta di come trovò Milano, nel 1983, quando arrivò in Italia per studiare, e del fatto che all’epoca c’era solo un solo ristorante cinese. L’Italia era monoculturale, dalla mentalità chiusa, e per certi aspetti Karim ritiene che ancora lo sia. Ci spiega che il mondo sta sempre di più andando verso un’unica popolazione globalizzata, digitalizzata, dove non conteranno più le diversità – e questo ce lo auguriamo tutti – Karim vede l’avvento dell’era della digitalizzazione come un strumento di sopravvivenza per l’essere umano.
Per Karim il design è democratico, semplice, come la nuova sedia disegnata per B-Line, che reputa difficile da produrre, ma semplice per l’utilizzatore finale, dal design morbido, soft, come piace a lui, senza angoli.
Preferisco avere un mondo soffice attorno a me.
“Faccio degli esempi, quanto vai a sciare, giocare a tennis, correre, le scarpe, la racchetta, gli scarponi da sci, hanno delle tecnologie affascinanti, dove il comfort è creato dall’innovazione tecnologica a servizio dell’esperienza di utilizzo del prodotto per l’uomo.
Per l’arredo casa dovrebbe esistere lo stesso rapporto: tecnologia, innovazione nuovi materiali, morbidezza, soft, questo è il mondo in cui dovremmo vivere anche in casa.
Oggi giorno si parla molto sui social di design, tutto è design, ma in realtà il design è diventato stile, stanno parlando di stile – Style – lo stile non ha nulla a che fare con l’esperienza umana, lo stile è una cosa davvero superficiale, design è creare qulacosa che migliori l’esperienza di utilizzo del prodotto.”
Karim termina l’intervista affermando che c’è ancora qualcosa che vorrebbe disegnare:
“…una macchina elettrica, ad esempio, una casa sostenibile, una linea di abbigliamento, ma non solo fashion, una moda con prestazioni tecniche di alto livello.”
La seconda parte integrale dell’intervista vi invito a leggerla direttamente dalle parole di Violetta di FinetoDesign (puoi leggerlo in questo post)
Ma la mia esplorazione nel mondo del design non termina qui. Nello stand B-Line trovo anche due interessanti sedute, diametralmente opposte l’una all’altra, però provenienti dallo stesso studio – Favretto&Partners – doppia creatività: Overpass, poltroncina imbottita che dove necessita si “aggiusta il colletto” per diventare ancora più comoda, e la sedia Helix, seduta il legno massello dallo schienale a corsetto, come fosse un dettaglio di lingerie.
Poltrona Overpass | B-Line
Paolo Favaretto, assieme al figlio Francesco, architetto e designer, sostengono i principi del “Design for All”, e con una naturalezza disarmante, ci raccontano la loro esperienza creativa per B-Line.
Il design è una cosa di famiglia: intervista a Paolo e Francesco Favaretto.
Anche con loro mi soffermo a parlare di design e digital.
Quanto del vostro lavoro è frutto ancora di riflessioni off-line, e quanto invece il digital è capace di contaminare il pensiero creativo del designer?
FRANCESCO: “Il lavoro del designer dovrebbe essere quello di percepire input esterni, e cercare allo stesso tempo di non farsi influenzare dagli stessi input, perché noi dobbiamo comprendere quelle che sono le esigenze del consumatore del domani. Il designer deve trovare le linee guida della “moda” del futuro e non seguirla, altrimenti diventa esso stesso un follower.”
Possiamo allora affermare che, oggi come ieri, le indicazioni formali per progettare un buon prodotto, non sono cambiate?
FRANCESCO: “Dipende, perché già l’approccio progettuale cambia da padre in figlio. Mio padre, ad esempio è forte della sua esperienza, inizia la progettazione per un certo verso dai tecnicismi necessari per arrivare a un prodotto concettualmente corretto.
I due prodotti presentati quest’anno al Salone – la poltrona Overpass e la sedia Helix – ne sono l’esempio lampante, perché uno evidenzia la sartorialità del pezzo, il saper fare dei nostri nostra artigiani, del know-how dell’azienda, e l’altro – Helix – invece è un prodotto che sfida la tecnologia. Naturalmente per sfidare la tecnologia, devi avere delle conoscenze tecniche, e qui entra in campo il lavoro al computer.
D’altra parte per proporre un progetto di così alta sartorialità devi conoscere le potenzialità di chi realizza il prodotto, e fin dove puoi spingerti con la produzione.
Per noi questo approccio è un mix perfetto della nostra esperienza, un “melting pot” che permette di unire a pieno le nostre due strade.”
Mi sono dilungata forse un po’ troppo, ma mi scuserete: non potevo condensare due interviste in poche parole… no proprio non ci sarei riuscita. Sono sicura che il confronto con questi creativi sia stato un momento di arricchimento totale, e quindi grazie al digital, che mi permette di condividerlo con voi.
Cristiana | modaearredamento
NOTA TECNICA: L’intervista a Kirim Rashid, svoltasi in inglese è stata da me tradotta, per le foto devo ringraziare le colleghe di HOMESTYLEBLOGS e il fotografo Gianluca Ardiani.
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